“A servizio degli altri” oggi parla di
DON ANDREA GALLO (Il Gallo)
«Comunista? Eh, la Madonna! Socialista? Ultimo dei no global? Mi sono state attribuite tante etichette ma io non ho scelto un’ideologia, a 20 anni ho scelto Gesù: ci siamo scambiati i biglietti da visita e sul suo c’era scritto ‘sono venuto per servire e non per essere servito´.»
(Don Andrea Gallo, da un’intervista a “La Repubblica” di Donatella Alfonso)
Andrea Gallo nasce a Genova il 18 Luglio 1928 e sempre nella sua amata città morirà il 22 maggio 2013 . Andrea sente, fin dall’adolescenza, il “richiamo” di Don Bosco per la sua dedizione a vivere a tempo pieno “con” gli ultimi, i poveri , gli emarginati, per sviluppare un metodo educativo che ritroveremo simile all’esperienza di Don Milani, lontano da ogni forma di coercizione. Negli anni della grande guerra sarà a fianco del fratello Dino come partigiano: un’appartenenza forte che lo accompagnerà, insieme al classico fazzoletto rosso annodato al collo, per tutta la sua vita.Attratto dalla vita salesiana inizia il noviziato nel 1948 a Varazze, proseguendo poi a Roma il Liceo e gli studi filosofici. Nel 1953 chiede di partire per le missioni e viene mandato in Brasile a San Paulo dove compie studi teologici: la dittatura che vigeva allora in Brasile, lo costringe, in un clima per lui insopportabile, a ritornare in Italia l’anno dopo. Viene ordinato sacerdote il 1 luglio 1959.Un anno dopo viene nominato cappellano alla nave-scuola della Garaventa, noto riformatorio per minori: in questa esperienza cerca di introdurre una impostazione educativa diversa, dove fiducia e libertà tentavano di prendere il posto di metodi unicamente repressivi; i ragazzi parlavano con entusiasmo di questo prete che permetteva loro di uscire, poter andare al cinema e vivere momenti comuni di piccola autogestione, lontani dall’unico concetto fino allora costruito, cioè quello dell’espiazione della pena. Tuttavia, i superiori salesiani, dopo tre anni lo rimuovono dall’incarico senza fornirgli spiegazioni e nel ’64 Andrea decide di lasciare la congregazione salesiana chiedendo di entrare nella diocesi genovese: “la congregazione salesiana, dice Andrea, si era istituzionalizzata e mi impediva di vivere pienamente la vocazione sacerdotale”.Viene inviato all’isola di Capraia e nominato cappellano del carcere: due mesi dopo viene destinato in qualità di vice parroco alla chiesa del quartiere Carmine dove rimarrà fino al 1970, anno in cui verrà “trasferito” per ordine del Cardinale Siri.Nel linguaggio “trasparente” della Curia era un normale avvicendamento di sacerdoti, ma non vi furono dubbi per nessuno: rievocare quel conflitto è molto importante, perché esso proietta molta luce sul significato della predicazione e dell’impegno di Andrea in quegli anni, sulla coerenza comunicativa con cui egli vive le sue scelte di campo “con” gli emarginati e sulle contraddizioni che questa scelta apre nella chiesa locale.La predicazione di Andrea irritava una parte di fedeli e preoccupava i teologi della Curia, a cominciare dallo stesso Cardinale perché, si diceva, i suoi contenuti “non erano religiosi ma politici, non cristiani ma comunisti”.Un’aggravante, per la Curia è che Andrea non si limita a predicare dal pulpito, ma pretende di praticare ciò che dice e invita i fedeli a fare altrettanto: la parrocchia diventa un punto di aggregazione di giovani e adulti, di ogni parte della città, in cerca di amicizia e solidarietà per i più poveri, per gli emarginati che trovano un fondamentale punto di ascolto.Per la sua chiara collocazione politica, la parrocchia diventa un punto di riferimento per molti militanti della nuova sinistra, cristiani e non. L’episodio che scatena il provvedimento di espulsione è un incidente verificatosi nel corso di una predica domenicale: lo descrive il settimanale “Sette Giorni” del 12 Luglio 1970, con un articolo intitolato “Per non disturbare la quiete”.Nel quartiere era stata scoperta una fumeria di hashish e l’episodio aveva suscitato indignazione nell’alta borghesia del quartiere: Andrea, prendendo spunto dal fatto, ricordò nella propria predica che rimanevano diffuse altre droghe, per esempio quelle del linguaggio, grazie alle quali un ragazzo può diventare “inadatto agli studi” se figlio di povera gente, oppure un bombardamento di popolazioni inermi può diventare “azione a difesa della libertà”.Qualcuno disse che Andrea era oramai sfacciatamente comunista e le accuse si moltiplicarono affermando di aver passato ogni limite: la Curia decide per il suo allontanamento dal Carmine.Questo provvedimento provoca nella parrocchia e nella città un vigoroso movimento di protesta ma, la Curia, non torna indietro e il “prete scomodo” deve obbedire: rinuncia al posto “offertogli” all’isola di Capraia che lo avrebbe totalmente e definitivamente isolato.Lasciare materialmente la parrocchia non significa per lui abbandonare l’impegno che ha provocato l’atteggiamento repressivo nei suoi confronti: i suoi ultimi incontri con la popolazione, scesa in piazza per esprimergli solidarietà, sono una decisa riaffermazione di fedeltà ai suoi ideali ed alla sua battaglia “La cosa più importante, diceva, che tutti noi dobbiamo sempre fare nostra è che si continui ad agire perché i poveri contino, abbiano la parola: i poveri, cioè la gente che non conta mai, quella che si può bistrattare e non ascoltare mai. Ecco, per questo dobbiamo continuare a lavorare!”
Qualche tempo dopo, venne accolto dal parroco della chiesa di San Benedetto, Don Federico Rebora (definito “l’altra metà di Don Gallo” e spentosi a 91 anni nell’ottobre del 2018) ed insieme ad un piccolo gruppo nacque la comunità di base, la Comunità di San Benedetto al Porto, attiva tuttora e dalla quale son passati tutti: ex brigatisti ed emarginati, intellettuali e poveri, atei e credenti, drogati e prostitute.Senz’altro Don Gallo è stato un prete ripetutamente, insistentemente “scomodo” per la Curia genovese e non solo ma un prete che, se da un lato ha piegato la testa ed ha rispettato il suo allontanamento e le decisioni dei suoi superiori, dall’altro ha mantenuto alta la bandiera del servizio ad ogni costo. Negli ultimi anni aveva abbracciato la causa delle transessuali di via del Campo evitando che venissero cacciate dai loro bassi nell’ex ghetto ebraico di Genova, grazie anche al suo aiuto è stata fondata l’associazione Princesa per la tutela dei diritti dei transgender. Gallo ha portato alla luce un’emarginazione scomoda per molti: le princesas, che lui amava e che chiamava “i miei apostoli” hanno avuto più che una parola ed un sostegno concreto da quest’uomo di Dio: l’amore di Don Gallo ha restituito loro una dignità come persone. A cinque anni dalla sua morte, con un piccolo libro “L’amico degli ultimi: Don Gallo visto dalle Princesas” esse lo ricordano con grande affetto e riconoscenza.
Ci piace concludere questo spaccato sull’opera di un prete senz’altro fuori dal comune, con uno dei tanti “saluti” pronunciati in occasione del suo affollatissimo funerale, una dedica incisiva, forte…proprio come lui!
“Arrivederci sorriso dei disperati, arrivederci figlio dell’umiltà, arrivederci fratello dei poveri, arrivederci amante dell’umanità, arrivederci nostro per sempre amato PRETE DA MARCIAPIEDE” Ilaria Persia
Per saperne di più:
www.sanbenedetto.org
Angelicamente anarchico. Autobiografia – di Don Andrea Gallo
Vivo e Vegeto – PiemmeOra Edizioni – a cura di Moni Ovadia,Vauro,Don Ciotti
L’amico degli ultimi, Don Gallo visto dalle Princesas di Rossella bianchi – edito da Imprimatur(Mondadori)
La profezia del don. Quella di Francesco è la Chiesa che sognavo. – di Andrea Gallo e Loris Mazzetti